Quarta Domenica di Pasqua /C

Buon pastore e pecore docili

Gv 10,27-30

A cura di don Eric Oswald Fanou

Il Vangelo della quarta domenica di Pasqua ci offre la figura consolante e paradigmatica del Buon Pastore. In questa domenica tradizionalmente dedicata alla preghiera per le vocazioni, il brano offerto alla nostra meditazione illumina la profondità del legame che unisce Gesù al credente, un legame intriso di responsabilità e obbedienza, simboleggiato dalla figura del pastore e del suo gregge. Tre parole chiave dischiudono la natura di questo legame: Ascoltare, conoscere e proteggere.

Per coloro che per primi ascoltarono questo brano evangelico conoscevano intimamente le dinamiche che regolavano la vita del gregge e il rapporto con il suo custode. Sapevano come, al calar della sera, più pastori conducevano le loro greggi in recinti comuni, creando uno spazio protetto dove le pecore potevano riposare al sicuro dalla minaccia dei predatori. Ma era soprattutto al mattino che si manifestava la singolare relazione tra il pastore e le sue pecore. Il pastore si poneva all’ingresso del recinto e chiamava le sue pecore, che rispondevano al suo richiamo e lo seguivano con una fedeltà sorprendente. Questa obbedienza istintiva al proprio pastore, alla sua voce inconfondibile, era un tratto distintivo del rapporto.

È proprio a questa immagine così vivida e familiare che Gesù attinge per rivelare la natura del suo legame con coloro che lo ascoltano e riconoscono in lui il loro Signore. Egli si presenta come colui che conosce le sue pecore, che le chiama per nome e che da esse è riconosciuto e seguito. Questo “ascoltare” che è anche “seguire” non è un atto passivo, ma implica un movimento attivo verso la voce del Pastore, una fiducia totale nella sua guida. Insieme con le loro singolarità, formano un unico gregge (Chiesa) per un unico Pastore.

Gesù sottolinea, per contrasto, l’esistenza di coloro che non lo riconoscono come il loro pastore, che non ascoltano la sua voce e quindi non lo seguono. Questa distinzione evidenzia la libertà intrinseca nella relazione con Dio: la possibilità di accogliere o rifiutare la sua guida amorevole. La natura stessa della pecora, un animale dolce, mite, ma incline a perdersi e a smarrirsi, aggiunge un ulteriore elemento di profondità all’analogia.

Quando una pecora si allontana dal gregge, diventa vulnerabile. Chi si allontana dalla Chiesa diventa vulnerabile. Ma il Buon Pastore non la abbandona al suo destino. Anzi, si fa carico della pecora smarrita, la prende sulle sue spalle e la riporta al sicuro nel recinto, purché essa non si ribelli. Cura premurosa e sollecitudine per chi si è allontanato, è manifestazione potente della misericordia di Dio e della sua instancabile ricerca di ogni singola anima.

Gesù si definisce il “buon pastore” proprio perché, a differenza del mercenario che fugge di fronte al pericolo, egli non esita a dare la propria vita per le sue pecore, per proteggerle. Questa dedizione totale, questo sacrificio supremo, è la misura autentica dell’amore del vero pastore. Egli non si sottrae alla lotta contro i “lupi” che minacciano il suo gregge, ma si pone in prima linea per difenderlo, fino all’estremo sacrificio.

Trasportando questa immagine nella nostra vita, siamo chiamati ad essere come pecore che seguono il Signore, senza la presunzione di indicargli la via o di imporre le nostre logiche. Questo è particolarmente vero nell’ambito delle vocazioni, dove spesso si manifesta la tentazione di voler definire a priori il modo in cui Dio dovrebbe chiamare o guidare. L’atteggiamento fondamentale è quello dell’ascolto docile e fiducioso della sua voce. Allo stesso modo, sull’esempio del Buon Pastore, siamo chiamati ad esercitare la responsabilità nelle nostre vite, nei nostri ruoli familiari, sociali ed ecclesiali, con dedizione e spirito di sacrificio. Come genitori, come educatori, come guide, non siamo chiamati a fuggire di fronte alle difficoltà o ad abbandonare coloro che ci sono affidati, ma ad andare loro incontro, a “combattere” per il loro bene, mettendo a rischio, se necessario, anche il nostro stesso interesse.

In questa domenica del Buon Pastore, siamo dunque invitati a rinnovare la nostra sequela di Cristo, ascoltando la sua voce, riconoscendolo come unica guida e modello, e imitando il suo amore sacrificale nel prenderci cura degli altri. La preghiera per le vocazioni diventa allora un’invocazione affinché il Signore susciti nel cuore di molti la disponibilità a farsi pastori secondo il suo cuore, pronti a dare la vita per il loro gregge, pronti ad avere “la mano che sente l’odore della pecora”. Buona domenica, buona festa alle mamme e a chi fa opera di mamma.