A cura di don Eric Oswald Fanou
Nel Vangelo di questa domenica, la parabola dell’amministratore disonesto, tratta dal Vangelo di Luca (16,1-13), è una delle lezioni più sconcertanti di Gesù. Non loda la disonestà, ma ci invita a riflettere sulla natura della fiducia, sulla gestione delle nostre vite e sulla nostra lungimiranza di fronte all’eternità. La parabola è una storia di tradimento, ma anche un appello all’azione.
L’uomo ricco aveva affidato l’amministrazione dei suoi beni a un gestore che ha abusato della sua posizione. I reclami dei debitori, che forse si erano trovati di fronte a un aumento dei prezzi per il profitto dell’amministratore, rivelano una profonda ingiustizia. Non si tratta solo di un furto, ma di un tradimento della fiducia del padrone e di un allontanamento dei clienti.
Questa situazione ci interpella direttamente. Nella nostra vita, Dio ci ha affidato un’immensa ricchezza: la nostra esistenza, il nostro tempo, i nostri talenti e tutte le nostre risorse. Il più grande tradimento della fiducia nei confronti del Signore è gestire questa vita come se ci appartenesse, come se fossimo i nostri “padroni”. Un’eccessiva preoccupazione per sé stessi, che dimentica di rendere grazie, è un abuso di questa fiducia divina. Siamo amministratori, non proprietari.
Quando l’amministratore viene denunciato, la sua reazione è sorprendente: non fugge, agisce. Usa il suo potere residuo per farsi degli amici annullando una parte dei debiti del suo padrone. È la saggezza di questo gesto che viene lodata dall’uomo ricco, e non la sua disonestà. L’amministratore ha capito che la sua posizione era temporanea. Ha agito con una determinazione e un’urgenza che forse non avrebbe avuto se avesse creduto che il suo potere fosse eterno.
L’amministratore ha compreso di essere un “povero amministratore” la cui gestione poteva essergli tolta in qualsiasi momento. Ha quindi usato le ricchezze passeggere per prepararsi un futuro. La lezione è chiara: se un uomo senza fede è capace di tanta lungimiranza per il suo futuro terreno, quanto più non dovremmo noi dimostrare la stessa saggezza per il nostro futuro spirituale?
Gesù ci esorta a farci amici con le “ricchezze ingiuste” o “il denaro corrotto”. Il Signore non ci invita a essere disonesti, ma a usare i beni di questo mondo — il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre competenze — per opere di bene e di carità. Gli amici che ci facciamo aiutando i poveri, gli emarginati o dimostrando misericordia, sono quelli che, quando la nostra vita terrena giungerà al termine, potranno accoglierci nel Regno eterno.
Infine, la parabola ci ricorda che tutto ci è affidato da Dio. L’unica gestione veramente saggia è quella che riconosce la natura effimera di questo mondo e che orienta tutte le nostre azioni verso l’eterno. Dobbiamo essere amministratori fedeli e saggi, non per il nostro tornaconto, ma per servire il Signore e i nostri fratelli, poiché è così che costruiamo il nostro posto nella casa del Padre. Che Egli ce ne dia la forza. Amen.

